Pubblicato in: avventure di una scrittrice

Giorno 22

18492549_10155254679704763_93013882_nCosa c’è di più straziante di un addio? Così, senza starci troppo a riflettere direi un’infinità di cose. Tipo gli addii che non vogliamo o non possiamo dare. Un cuore spezzato. Un sogno infranto. Mollare ad un passo dalla meta. Il Mac che sta per tirare le cuoia (sì, lo so… ho un rapporto un po’ morboso con il mio…). La squadra del cuore che finalmente centra la finale e la perde miseramente (oddio, non voglio neanche pensarci!). Il soufflè che finchè non hai aperto il forno era così perfetto. Il 7 gennaio, quando togli le decorazioni di Natale. La grandine l’unica volta che hai l’auto parcheggiata fuori (true story!). E… ok, se ci rifletto scommetto che posso andare avanti ore.

Perché sì, ci sono addii che veramente fanno un male cane, che ti dilaniano dentro. Ma tutti gli altri? Si può dire addio ad un luogo? Non credo, se davvero ci tieni forse non riuscirai a tornarci ma dentro di te manterrai comunque viva la speranza. E quelli dette alle persone? (Non sto parlando dell’ultimo addio, quello rientra nella categoria ‘quelli che fanno un male cane’). A volte vediamo qualcuno che si allontana inesorabilmente e sì, soffriamo. Non l’abbiamo scelto noi l’addio. Ma credo che se siamo onesti vedremo che in una qualche misura l’abbiamo voluto un po’ anche noi. Se ti lascia la persona che ami, ad esempio… non credo che l’amore cessi di colpo solo per uno dei due mentre l’altro è al 100%. Tipo ti svegli una mattina e lui ti dice ‘addio’ all’improvviso e invece tu sei là che ancora hai gli occhi a cuore. Credo che sia un percorso che impiega un po’ di tempo, che se se ne va forse qualcosa abbiamo fatto (o non fatto) anche noi. E probabilmente questo fare (o non fare) nasconde un qualcosa. Tipo che era più bisogno o paura che amore allo stato puro. E comunque no. L’amore pure vuole l’altro felice, e non è una frase fatta e se fossimo in grado di amare, amare davvero, lo sapremmo. Ma amiamo da quelli esseri umani che siamo, quindi…

Ma tanti addii sono anche liberatori, portano con sè l’eccitazione di qualcosa di nuovo che deve arrivare, che sta per iniziare. Portano con sè l’aria di libertà, di possibilità. Ci sono gli addii che scegliamo noi quando chiudiamo con qualcosa/qualcuno/qualche luogo. E se lo facciamo, per quanto ci possa pesare, è perché siamo convinti di cambiare in meglio: addio a un vizio che mi nuove, a una città dove non sono più a mio agio, a un lavoro che mi fa sentire oppressa, a una persona che mi risucchia l’energia.

E ci sono anche gli addii ai vecchi schemi, ai vecchi comportamenti, alle vecchie convinzioni. Addii che lottiamo per ottenere. Addii che poi ci fanno sentire così deboli che sentiamo la gravità risucchiarci verso il centro della terra e noi precipitiamo ancora e ancora (e non abbiamo neanche la consolazione di sapere che il Bianconiglio ci aspetta da qualche parte là in fondo…) e acquistiamo velocità nella caduta, ancora e ancora. E quella botta infernale quando sbattiamo il fondoschiena, quando oltre non possiamo più cadere, è anche quella che ci fa rimbalzare come palline da tennis, ci rimanda in alto, ancora e ancora. Perché le sabbie mobili, là in fondo, le troviamo solo se le creiamo noi. Ma se seguiamo il flusso, se non c’intestardiamo, se davvero, per una volta, ci lasciamo andare, allora siamo destinati a rimbalzare. Così come rimbalziamo da un’esperienza all’altra.

Sì, ormai l’avrete capito: per i miei personaggi è iniziato il walzer degli addii. E devo ammettere che la stanno prendendo parecchio bene perché in fin dei conti sanno di aver creato legami che solo loro stessi potranno distruggere. Altrimenti no, non si corrono rischi. E forse quella che più ci sta peggio per tutti questi saluti sono io perché in fin dei conti loro continueranno con le loro vite anche dopo, sono io che quando dovrò dire loro addio uscirò per sempre dalla loro. La consolazione, però, è sapere che faranno sempre parte della mia. E quindi no, non sarà un addio perché l’avventura che stiamo vivendo assieme mi sta trasformando dentro e certe volte non si può tornare indietro dal cambiamento.

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